sabato 18 luglio 2015

L'argento in Sardegna (e cosa accadde quando i "metallari" iniziarono a fare sul serio)

di Atropa Belladonna


[..] In contrast with the controversial evidence for Middle Neolithic axes, some twenty copper and silver objects from Italy and Sardinia can be securely assigned to the Late or Final Neolithic; these are all dated by radiocarbon or associated pottery [..]. (1)

[..] Copper and silver are the earliest worked metals in Sardinia: there is evidence of their use from the first half of the 4th millennium BC, in the sphere of the Ozieri facies of the Final NeoIithic. The use of gold is represented by a solitary artefact belonging to the Late Eneolithic (Beaker) period. Lead, however, appears roughly around the mid 3rd millennium BC.[..] Silver represents approximately 22 % of artefacts recovered in Sardinia from the Neolithic and Eneolithic periods; of these 4 % are attributable to the first half of the 4th millennium BC and 8% to the second half of the 4th millennium  BC; the rest belong to the 3rd millennium  BC. [..] (2).

Quando Dolfini parla di oggetti metallici dalla Sardegna del Neolitico, fa riferimento ai due siti in tabella 1, che hanno restituito una perlina in rame e 2 anelli d'argento (Tab.1 e Tab. 2 per la cronologia).  L'autore non si stupisce più di tanto: la geografia dei precoci ritrovamenti di manufatti metallici  riflette i tre maggiori distretti minerari del Mediterraneo Centrale: Sardegna, Italia centro-occidentale, Alpi. Anzi, si stupisce che proprio storici ed archeologi italiani abbiano a lungo negato che la metallurgia fosse iniziata così presto, almeno fino a che le datazioni dei siti hanno reso impossibile mantenere oltre la visione antiquata-ma diffusa- che i metallari italiani e sardi avessero iniziato le loro produzioni non prima della fine del IV millennio (1).

L'articolo di Dolfini  porta molte e diverse evidenze alla sua conclusione: in poche parole scrive che non siamo sicuri se vi fossero già produzioni metalliche nel Neolitico Medio (5000-4500 a.C.), ma di certo nel Neolitico Tardo (4500-3800 a.C.) la metallurgia veniva già praticata a sud delle Alpi e la tecnologia si diffuse nello stesso periodo. Così come l'arte di separare l'argento dal piombo, e di estrarre rame ed antimonio (1)

La tecnologia metallurgica del Neolitico si consolidò, stante i dati di ritrovamento e le datazioni dei contesti,  nel Neolitico Finale (3800-3600 a.C.), tanto che nel 2013 l'autore potè compilare una lista di 44 siti con oggetti metallici dal Mediterraneo Centrale datati tra 4500 e 3600 a.C. (1, tavola 3), di cui due dalla Sardegna (Tab.1). 
Tab. 1 (Dal rif .(1))
 Dopodichè l'argomento "metalli" esplose letteralmente nel Mediterraneo Centrale durante quella che viene comunemente chiamata Età del Rame o Calcolitico o Eneolitico. La Sardegna non fece certo eccezione, anzi fu assolutamente un main player (2)

Tab. 2. Cronologia assoluta del Mediterraneo Centrale, tra V e III millennio a.C. (1)

L'isola dell'argento, del rame, del piombo

Tra le assolute chicche delle produzioni in metallo del Neolitico vi sono i due anelli d'argento della tomba V di Pranu Mutteddu (fig. 1): vista la rarità dell'argento nativo, Melis argomenta che già si era probabilmente in grado di ottenere l'argento dai giacimenti di galena dell'Isola (2) (fig.2). 

Fig. 1:  mappatura dei siti pre-nuragici con manufatti in argento (dal rif. (2))
La Melis specifica che -stante la ceramica- il sito di Pranu Mutteddu risale alla facies Ozieri I: siamo cioè fine V millennio-metà IV (2) (fig.2): i due anelli  di Pranu Mutteddu sono finora i più antichi manufatti d'argento del Mediterraneo Centrale, contemporanei o  forse precedenti alla produzione di argento per coppellazione nel Vicino Oriente, datati al IV millennio (3).

Fig. 2: sin, mappa dei siti Monte Claro (triangoli rossi),  Abealzu o Filigosa (triangoli verdi) Sono indicati anche i siti cupriferi; Mappa da: Florian Soula, Les pierres dressées de l'aire corso-sarde. Etude systémique des territoires, Aix-en-Provence / Sassari, Aix-Marseille Université / Università degli Studi di Sassari, 2012, Thèse de Doctorat : Préhistoire; Dx, cronologia atturalmente proposta (con le facies culturali) per il periodo Nelotico Medio-Eneolitico; da:  Maria Grazia Melis, Lo strumentario tessile della Preistoria. I pesi da telaio della Sardegna, Quaderni del LaPArS, 2014, 1.


Come detto sopra, dopo i rivalutati episodi del Neolitico,  l'argomento "metalli" esplose letteralmente nel Mediterraneo Centrale durante l' Eneolitico. La Sardegna non fece certo eccezione, anzi: tanto per rimanere nell'argento, i manufatti di questo lunare metallo raddoppiano, così come i siti di ritrovamento, nella II metà del IV millennio a.C. (Ozieri II o sub-Ozieri) e crescono grandemente nel III millennio (fig. 2); assieme ad essi, crescono i manufatti in rame (non per niente l'Età del Rame è così chiamata)  (2) (fig. 3), raggiungendo un picco durante l'Eneolitico Medio. Ed è proprio durante l'Eneolitico Medio, in corrispondenza del picco di reperti in rame ed argento che fa la sua comparsa anche il piombo (fig. 3). 

Fig. 3: sin, numero di siti (in blu) e numero di oggetti (in rosso) in argento secondo le varie epoche (2); dx, nr. di manufatti d'argento e di altri  metalli secondo le avrie epoche prese in considerazione del rif. (2). 

Vista la ricchezza dei depositi minerari di piombo e argento (fig. 4) dell'isola e vista la comparsa così precoce dell'argento a Pranu Mutteddu, Melis ipotizza che sia il minerale d'origine che la tecnologia di produzione dell'argento provenissero dalla Sardegna stessa: il prossimo step sarebbe il rinvenimento di prove concrete del processo di produzione (2).
 
Fig.4: i giacimenti di minerali di piombo e argento della Sardegna (2)

L'argento e gli altri heavy metals a confronto

Tra Neolitico ed Eneolitico gli oggetti d'argento della Sardegna raggiungono il numero di almeno 50 costituendo il 22% dei reperti metallici totali (fig. 3 e 5), ma, e questo è forse l'aspetto più interessante dell'intera questione, distribuiti in modo disomogeneo tra le diverse culture dell'isola: [..]the most striking aspect is the diverse role that silver plays among the native facies (Filigosa and Abealzu) and in the intrusive coeval facies of Monte Claro. In the former two, silver represents 51% of all 61 metal artefacts, followed by copper (47%) and lead (2% of all metal finds). In the latter, copper is preponderant (79%) compared to lead (14%) and silver (7%), the last being found in only one tomb. In the mining basin of Sulcis-Iglesiente there is a widespread presence of Monte Claro sites, while Filigosa sites are only sporadic. Nevertheless, the highest number of silver artefacts was founs on a Filigosa site of this area (Cungiau su Tutti). On a regional scale it is  notable how the arrival of Monte Claro groups influenced the settlement  choices of the native facies; in southern Sardinia the numerous settlements of the 4th millennium BC were abandoned and occupied by Monte Claro groups. In the central northern part of the island the phenomena of integration and of impact can be observed: on one side there was sporadic pottery production with mixed styles, while on the other the territory began to feature fortified sites. It has also been hyophesised that the concentration of statue-menhirs in central Sardinia may have reflected the territorial struggle between the two groups. It is perhaps not a coincidence that in the heart of this territory the tomb of Corte Noa, with its wealth of grave goods, is to be found . Finally, in the Bell beaker Culture silver played an important role (22%) when compared to coeval contexts outside from the island; however it remains subordinate to copper (77%)  [..]  (2).

La situazione è ben visualizzabile in figura 5: l'argento era molto amato dalle culture "locali" e poco dalle culture considerate intrusive, in particolare Monte Claro, quella che divenne una sorta di cultura pansarda nella parte centrale del III millennio (vd. fig. 2 per i siti): e non è forse questo un ulteriore indizio che la tecnologia dell'argento era cosa sarda, sviluppatesi sull'isola?


 

Fig.5: percentuali di manufatti in argento, piombo e rame per la cultura Monte Claro (considerata intrusiva) e le facies locali di Filigosa e Abealzu (2)

Ma, d'altra parte, altrettanto interessante è la questione del perchè mai questi supposti newcomers ( o forse fu solo una nuova cultura?), questi costruttori di edifici e muraglie megalitiche (4),  i cui grandi villaggi "proto-urbani" erano sparsi su tutta l'isola (fig. 2), disdegnavano l'argento (2)? Questi signori delle pietre e del rame, ma anche produttori delle grappe di piombo che poi i Nuragici avrebbero usato un pò ovunque (fig. 6)? Tanto abili nelle loro costruzioni megalitiche che Lilliu li scambiò per una facies nuragica (4). Tanto spettacolari nelle loro abitazioni, che le case sul fondo del lago di Monte Pranu ci hanno lasciato a bocca aperta (5a). E tantostrani da aver portato in Sardegna la pianta di quelli che saranno i templi a megaron di epoca nuragica (5a, 6, 7) (si veda anche questo link).

Questa predilizione per i metalli meno "nobili" fu un fatto culturale/religioso o semplicemente un fatto economico/pratico? Qualunque fosse la verità, fatto è che furono altri a lasciare, durante l'Eneolitico, i due più spettacolari rinvenimenti in tal senso: uno specchio (?) d'argento dalla tomba Padru Jossu  e il famoso torque inelectrum (lega di oro e argento) di Bingia 'e Monti (Cultura Campaniforme, ca. 2400-2100 a.C.) (fig. 7) (2, 5b-c).
 

Fig. 6. IGLESIAS- Grotta di San Lorenzo: ceramiche di cultura Monte Claro e grappe di restauro in piombo   Da: E. Atzeni, L'ETA' DEL RAME NELLE GROTTE DI “CORONGIU DE MARI” - IGLESIAS: LA CULTURA DI MONTE CLARO, In:  La collezione Pistis-Corsi ed il patrimonio archeologico del Comune di Iglesias, Mostra archeologica, grafica e fotografica, a cura di Enrico Atzeni, Luciano Alba, IGLESIAS 2001, pp. 32-38
Fig.7: in alto uno specchio (?) d'argento dalla tomba Padru Jossu e il torque in electrum di Bingia 'e Monti (Cultura Campaniforme, ca. 2400-2100 a.C.)  (2)


E dopo? 

Dopo non lo so bene, a dire il vero. Dal grafico di fig. 3 sembra esserci un crollo repentino dei manufatti d'argento, ma anche degli altri metalli: sembra quasi la prima crisi metallurgica sarda. Corrisponde del resto all'abbandono dei grandi villaggi Monte Claro e ad un evento climatico di estrema aridità, nel corso del XXIV-XXII sec. a.C.. (8). Poi partirà l'Età del Bronzo sardo e di quella- grosso modo- sappiamo. Verso i metalli nobili come argento e oro, anche i Nuragici sembrano avere un'atteggiamento decisamente distaccato. Da quel che so, ci sono una ventina di manufatti in argento e 6 in oro di epoca nuragica a fronte di non so quanti in bronzo (5d) (fig. 8) 


Fig. 8: fotografia scattata nel 2011 all' Antiquarium di Irgoli (NU)

Come i Monte Claro dell'Età del Rame, i Nuragici furono "metallari" di prim'ordine, costruirono in grande, ma rimangono per noi elusivi e con un gusto per la sobrietà e l' austerità ben difficili da penetrare. 

I grandi villagi della cultura Monte Claro si svilupparono in una sorta dell'Età dell' Oro, con una clima ideale e moderatamente piovoso, tra circa il XXVIII e il XXIV sec. a.C. (8). Prima e dopo vi furono due drammatici eventi climatici, caratterizzati da estrema aridità. Luca Lai scrive, nella sua tesi di dottorato: "In the 29th century, an unpredictable climatic oscillation lowered water tables, putting a severe strain on lowland environments where rainfall is normally much lower than the highlands. This, unless it refers to an earlier time, could be reflected at Su Coddu by the excavation of wells and by the deepening of the sunken houses. Most sites in the Campidano, in the southern and western lowlands, show abandonment or contraction in the number of inhabited huts in the following period, characterized by Monte Claro pottery, which has been AMS dated to ~2700-2300 cal BC. It is in this critical time that the culture of Monte Claro-pottery users takes shape, possibly within a context of intense contacts with other Mediterranean regions such as southern France and Sicily. Rather than focusing on the coasts and the lagoons, which probably became shallower and brackish, it seems that the preference for new settlements goes to hills and dominant locations. A new conception of the person and of the family is mirrored in the single burials of the southern lowlands; however, the adoption of the Monte Claro pottery in the rest of the island is accompanied by a continuation of the collective burial. On the other hand, there are signs of clearing of previous remains and restructuring of the burial, which point to a somewhat different sense of identity. This is also reflected in the full aniconism (no figurative art) and sobriety in every craftwork expression, as opposed to the Post-Ozieri tradition, rich in anthropomorphism, painting, and decoration. If the ethnic interpretative key will be found to be correct, the borderlines between the areas of distribution of the two groups might be documented in the 25th century BC around the hills of Marmilla, Sarcidano, Mandrolisai and Gerrei, where there is a high concentration of statue-menhirs and megalithic monuments from the latest successors of the long Ozieri tradition. The first appearance of defensive-ceremonial enclosures in the north of Sardinia dates to this period, and while it regards mostly the Monte Claro contexts, it also characterizes some Post-Ozieri sites.[..]After the second dry event struck the island as it did for the rest of the Mediterranean area in the 24th century BC, it appears that the Monte Claro pottery users were not as well equipped as the Bell Beaker groups: Monte Claro villages, whether they had been inhabited from previous phases or founded anew, were all deserted afterwards. Only sporadic frequentation is attested in the Early Bronze Age. The magnitude of the environmental crisis, which could have resulted in over 500 mm/year less than the previous several hundred years, was evidently greater than the coping capacity of the village-dwellers’ communities. A social system apparently concentrated on the large nucleated village and on the household, as shown by the data on house layouts and domestic economy, which probably enjoyed fewer or weaker connections with neighboring groups for mutual support, and did not have the means to react to the changing conditions." (8)
Quindi i costruttori dei grandi villaggi di cultura Monte Claro presumibilmente approfittarono dei postumi di una crisi climatica, ebbero la fortuna di un lungo periodo di tempo mite e moderatamente piovoso e alla fine si contrassero o soccombettero di fronte ad una nuova crisi climatica, forse peggiore della prima: "The speed and magnitude of the second arid event (ca. 2350-2200 cal BC) was evidently enough to determine the breakdown of organized village life and of the cultural landscape as was known up to that period "(8). Subito dopo o in parziale concomitanza  la grande siccità si spostò verso Oriente: è il cosiddetto 4.2 kiloyear BP aridification event ca. 2300-2100 a.C., causa o concausa della crisi dell'Antico Regno in Egitto della crisi dell'Età del Bronzo Antico dei cananei con l'abbandono delle città fortificate* (vedi figura in Appendice). Il mondo che si affacciava sul Mediterraneo aveva sete ed era in sofferenza. 

Uno degli aspetti più affascinanti della cultura Monte Claro sono i rapporti con la cultura nuragica dell'Età del Bronzo (9), anche se in mezzo c'è naturalmente altro (Campaniforme, Bonnanaro) e non solo una crisi climatica. Scrive Anna Depalmas nel 2011: "Alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo l’aspetto culturale di Monte Claro era identificato come facies nuragica, ma ben presto, dai primi anni ’60, venne preferibilmente considerato come una fase eneolitica, intesa tuttavia come proto-nuragica.[..] Tra l’aspetto Monte Claro e le prime fasi nuragiche si evidenzia un ricorrente rapporto che potrebbe far ritenere Monte Claro non solo un significativo precedente delle forme di occupazione dell’età del bronzo, ma addirittura una continuità, se non sussistesse la certezza della posizione cronologica del Campaniforme e del Bonnanaro. La pur rilevante interposizione di tali aspetti è, infatti, allo stato attuale, priva di una dimensione architettonica e di significative manifestazioni che li raccordino con l’età nuragica del BM iniziale. In attesa dell’attestazione di questi collegamenti non si può trascurare di sottolineare il legame con Monte Claro, sostenuto dallo spiccato carattere ciclopico delle costruzioni eneolitiche, dei prototipi turriti, delle muraglie e recinti che, negli ampi corridoi coperti di lastre, anticipano le costruzioni a corridoio nuragiche. Nella stessa direzione sembrano meritevoli di attenzione le somiglianze tra le strutture abitative rettangolari e lievemente absidate attribuite a Monte Claro nel complesso cultuale di Biriai di Oliena e gli edifici definiti templi a megaron che si diffondono nell’isola a partire dal BM. (9).

Austerity, rame, bronzo e Dio

Forse è follia vedere un'impronta delle antiche città cananee nelle abitazioni Monte Claro; tanto più che ho visitato una città cananea del III millennio a.C (5e), ma non ho mai visitato un sito Monte Claro. Quindi mi manca la percezione psico-fisica dell'ambientazione. Quando ero a Tel Arad, dentro le mura possenti di quella città alle porte del deserto del Negev, l'impressione era quella di grandezza ma anche di niente lusso, di estrema sobrietà ed essenzialità. I cananei costruttori delle grandi città fortificate erano i maestri indiscussi della metallurgia del rame e c'è qualcuno, da diversi anni ormai, che si azzarda non solo ad affermare questo con veemenza-stante i dati archeologici- ma anche a cercare di capire qualcosa in più del legame tra metallari, metallo e divinità (10). Si tratta di Nissim Amzallag della Ben Gurion University of Negev. Il suo ultimo lavoro è un'autentica bomba: parla del legame "concreto" tra Yahweh e il metallo "fuso" (prima rame e poi bronzo), della fusione di tale metallo che giustificherebbe non solo la supremazia di Yahweh sulle altre divinità ma anche della sua "forma non rappresentabile", perchè sempre mutevole; infine parla dello Yahweh cananeo, con un coraggio da leone devo dire, signore dei metalli e dei metallari perchè di metallo fuso, risplendente e ustionante è la realtà fisica stessa del dio (10, 11): il Kābôd-YHWH.

(continua) 

(1) Dolfini A. The Neolithic beginnings of metallurgy in the central Mediterranean region. Accordia Research Papers 2013, 13, 131-151.
(2) M.G. Melis, Silver in Neolithic and Eneolithic Sardinia, in H. Meller/R. Risch/E. Pernicka (eds.), Metalle der Macht – Frühes Gold und Silber. 6. Mitteldeutscher Archäologentag vom 17. bis 19. Oktober 2013 in Halle (Saale), Tagungen des Landesmuseums für Vorgeschichte Halle 11 (Halle (Saale), 2014
(3) Craddock, Paul, Production of Silver across the Ancient World.", Isij International 54.5 (2014): 1085-1092.
(4) Melis, Maria Grazia (2000) L'Età del Rame in Sardegna: origine ed evoluzione degli aspetti autoctoni. Villanova Monteleone, Soter Editrice. 
(5) A. Belladonna, a. Un mondo sul fondo: le meraviglie dellago di Monte Pranu, maimoniblog.blogspot.it, 1 luglio 2015; b. Oro e torques, monteprama.blogspot.it, 2 GENNAIO 2013; c. Sidone, tombe di guerrieri del 2000-1550 a.C.: rame sardo nei manufatti di bronzo?, monteprama.blogspot.it, 5 MARZO 2014; d. Nuragico o altomedievale? questo è il problema, monteprama.blogspot.it, 6 APRILE 2013; e. Tel Arad, una città alle porte del deserto del Negev: 3000-2650 a.C., monteprama.blogspot.it,,2 GIUGNO 2014
(6) Depalmas, Anna; Deiana, Antonella (2011) La Fase finale della cultura di Monte Claro e il rapporto con i successivi aspetti culturali dell’età del Bronzo. In: L’età del rame in Italia: atti della 43. Riunione scientifica: dedicata a Gianni Bailo Modesti, 26-29 novembre 2008, Bologna, Italia. Firenze, Istituto italiano di preistoria e protostoria. p. 135-142
(7)  M. Webster 2014, Water-temples of Sardinia: identification, Tesi di Laurea Magistrale, University of Uppsala. Alla nota 4 si legge: "The megaron layout is. however, well attested for the Sardinian Copper Age. But it was in the Late Bronze Age— Early Iron Age that new megaron-shaped buildings carried ritual connotations: some 12—15 of these temples are known, some of which yielded votive deposits including bronze figurines (see Cappellini 2011)."
(8) Luca Lai, The interplay of economic, climatic and cultural change investigated through isotopic analyses of bone tissue: the case of Sardinia 4000-1900 BC , Tesi di dottorato, University of SouthFlorida, Tampa 2008
(9) Depalmas, Anna; Deiana, Antonella (2011) La Fase finale della cultura di Monte Claro e il rapporto con i successivi aspetti culturali dell’età del Bronzo. In: L’età del rame in Italia: atti della 43. Riunione scientifica: dedicata a Gianni Bailo Modesti, 26-29 novembre 2008, Bologna, Italia. Firenze, Istituto italiano di preistoria e protostoria. p. 135-142
(10) Nissim Amzallag, The Material Nature of the Radiance of YHWH and its Theological Implications, Scandinavian Journal of the Old Testament, 2015, 29: 80-96

*Appendice: 
 
Fig. A1. il quadro cronologico della Sardegna, nel periodo considerato, accanto a quello dell'Egitto e della terra di Canaan. Per la Sardegna la tavola è tratta da: Maria Grazia Melis, Lo strumentario tessile della Preistoria. I pesi da telaio della Sardegna, Quaderni del LaPArS, 2014, 1.


Fig. A2. il quadro cronologico della Sardegna aggiornato al 2008 nel periodo 4000-1900 a.C.-secondo le datazioni calibrate al radiocarbonio di reperti ossei. Da: Luca Lai, The interplay of economic, climatic and cultural change investigated through isotopic analyses of bone tissue: the case of Sardinia 4000-1900 BC , Tesi di dottorato, University of SouthFlorida, Tampa 2008
Fig. A3: in alto, l'andamento sinusoidale della "complessità" sociale nella terra di Canaan, durante il periodo tra età del Bronzo e Età del Ferro; sotto, esempio di complessità urbana, collasso delle città e loro ripresa nel Vicino Oriente (Da: P. de Miroschedji, Rise and collapse in the southern Levant in the Early Bronze Age, 2009, In: A Cardarelli,  A. Cazzella, M. Frangipane and E. Peroni eds., Reasons for change: birth, decline and collapse of societies form the end of the fourth to the beginning of the first millennium BC, Rome: Università degli Studi "La Sapienza, Ed. Quasar,  pp. 101-129)

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